SALA (da R.Raffaelli)
Presso la Pieve di Piazza, dalla banda di sud-ovest, sorge la villa di Sala, collocata sopra una cupola di un poggio isolato, a piè del quale si congiungono i due fiumi di Minucciano sulla destra, e di Soraggio sulla sinistra, che formano il Serchio vero e proprio.
Il villaggio di Sala fu detto da Carlo IV nel 1376 Castrum Sale Episcopi. Il primo Conte di Sala che trovisi nominato nell’albero genealogico dei Conti Nobili di S. Michele è Ghetto padre del Conte Gherarduccio, e questi di Giovanni, detto Rócca Guidinga, che governò i Lucchesi pei Pisani.
A levante del villaggio s’innalza una stupenda roccia, di figura conica, rivestita fino alla metà di verzura, avente dal lato del fiume che ne bagna la base, gli avanzi di una scala, non si sa bene se scavata nel masso o fatta di pietra, che serve per ascendere sulla nuda cima del gigantesco cono, su cui non ha guari vedevasi piantata una grandissima croce.
Un altro gruppo di roccie; non meno belle e meravigliose, sorgono alla sinistra del Serchio, le quali or si levano stagliate e svelte, or sporgono in fuori con massi enormi, che sembra debbano da un istante all’altro precipitare con orrendo fracasso nel fondo; ora si piegano ad arco, e formano graziosi seni con piante ed erbe, ed ora presentano i fianchi tutti nudi e brulli, con pinnacoli di diverse foggie e misure, che s’intrecciano fra loro come altrettante guglie.
In mezzo a queste grotte scorre rumoroso e bianco di spuma il Serchio, quasi per rabbia di esser confinato da macigni precipitati dall\’alto in un letto così duro ed angusto (1).
Mantiensi fra il popolo una tradizione che codeste piramidi ofiolitiche fossero, in tempi molto lontani, riunite all\’altra smisurata di Sala, e lo argomentano dai ruderi di mura che si trovano ad eguale altezza in questa, e in quelle; mura che avrebbero formato un dì qualche forte e inespugnabile castello. Qual peso meritar possono simili voci? Non tocca a noi, ma sì ai dotti il rispondere.
Solamente possiamo affermare che in tempi assai più vicini esistevano due Castelli, l’uno detto di Croce, l’altro nomato Castelvecchio, del quale vedonsi ancora gli avanzi nei possessi della famiglia Nobili-Ambrosini di Sala (2).
Oggi le due sponde del fiume sono fra loro riunite da uno stupendo ponte viadotto, disegnato e condotto a buon punto sotto il Governo Estense, che concorse alla spesa colla somma di L. 20,000, dall’Ingegnere Provinciale Malaspina. I lavori vennero ultimati dalla Provincia sotto la direzione dell\’Ingegnere Telesforo Bertoni nell’anno 1860.
L’arco del ponte ha 22 metri di corda, e si eleva 25 sul livello della piena ordinaria. La lunghezza del viadotto è di metri 106, partendo dalla pila sinistra. Il ferestiero che, appoggiato ai parapetti di esso (alto metri 501 sul Mediterraneo) si ponga a contemplare la natura all’intorno, non potrà tenersi dall’esclamare che belle vedute! che meraviglie! che incanto! e la sua emozione verrà raddoppiata se, scendendo nell’alveo del fiume, volgerà il suo sguardo dalla parte di mezzogiorno. La strada provinciale da Castelnuovo a questo punto misura chilometri 15,478.
Sala nel secolo IX era una misera abitazione, come risulta da una scrittura del 3 aprile 883, colla quale Gherardo, Vescovo di Lucca, dava in enfiteusi a Conemondo un Casalino con terre annesse, dove fu una casa con sua corte dominicale, et modo ibidem capanna esse videtur in loco ubi dicitur ad Sala, finibus Garfaniane, coll\’obbligo di recare all’Episcopio l’annuo censo di soldi 8 di argento.
Stando il corso del fiume per modo che, regurgitando le acque, formarono un gran lago fino ai Molini di Cogna, sommergendo persino il ponte di legno che vi esisteva. A Castelnuovo non giungeva più acqua, e la sorpresa fu generale, ignorandosene la ragione. Il Governo spedì immediatamente il suo ingegnere per rintracciarla. La meraviglia durò per molte ore, finché superata l’altezza dello scoglio caduto, il Serchio riprese il suo corso.
Il Castello di Sala, chiamato anche Castel Vecchio, e Valico di Sopra, nel 1121 apparteneva a diversi padroni, i quali essendo fra loro in discordia trattarono di venderne ciascuno la propria parte; e di fatti le comprò Benedetto Vescovo di Lucca.
La prima parte spettava alle Monache di Santa Giustina di quella città, e l’alienarono per mezzo di Guido, loro fattore, per scudi 200. Altrettando fecero gli altri proprietari, vale a dire Itta vedova di Rodolfo, e Mabilia vedova di Guido, col consenso di Raimondo suo figlio. Gli uomini di quel Castello giurarono poi fedeltà al Vescovo. Nel 1179 Guglielmo, Vescovo di Lucca, dava a titolo di enfiteusi la terza parte del Castello ad Ugo Conte di Lavagna (3), ed a Conemondo e Superbo di Ugolinello di Castelvecchio.
Nel 1301 l’altro Vescovo Enrico II faceva donazione a Dino di Sala di due molini e di un folle (4) in quel territorio, presso l’acqua del Serchio. Nel 1310 poi dava in feudo beni con casa nel Comune di Sala, e la quarta parte del Poggio di Castelvecchio a Francesco di Dino di detto luogo (5) coll’annuo canone di soldi 7, e coll’obbligo di ricevere il Vescovo e la sua famiglia nella propria casa ogni qualvolta si fosse recato a Sala, e con giuramento di fedeltà. Finalmente nel 1398 il Vescovo Nicolò I vendeva per anni tre, col patto che dessero ogni anno sette fiorini, la esazione dei frutti, dei proventi e delle rendite a lui spettanti sui Comuni di Livignano, Caprignana, e Valle (Vicarìa di Camporgiano), le quali sembra fossero attinenti al feudo di Piazza e Sala. Il 22 gennaio poi del 1442 Andrea e Giovanni di Magliana (oggi Magliano) vendevano al Vescovo di Lucca le loro porzioni sopra un tratto di terra presso Sala.
I Castelli di S. Michele, di S. Donnino, e di Croce furon distrutti nelle guerre avvenute in Garfagnana dopo la Contessa Matilde, e nella divisione dei partiti verso il 1179; e fu allora che sorse l’altro Castello sul monte di Sala, denominato Castelvecchio, come si è detto, che venne distrutto per la prima volta nel 1238. Fu quindi riedificato dai Lucchesi, e nuovamente demolito, ma non si conosce l’epoca in cui venne ricostruito per la seconda volta.
Di questo Castello tre parti spettavano al Vescovo di Lucca, ed una ad Ugone Conte di Lavagna, e Librando, e Superbo Conti di Castelvecchio, come risulta da un istrumento di composizione redatto nell’anno 1179 tra il prefato Guglielmo Vescovo ed i suddetti Ugone, Conemondo figlio di Ugolinello, e Superbo: appare eziandio che il Vescovo aveva giurisdizione su quelle Ville, ed autorità d’infeudarne per tre parti i detti Conti.
In progresso di tempo, siccome quei paesi appartennero agli Estensi assai lungamente, così per mantenere sempre vivi i diritti di sovranità, e per tenere nella dovuta dipendenza il feudatario di Piazza e Sala, quantunque Vescovo di Lucca, quei Marchesi e Duchi vollero conservarsi alcune facoltà e prerogative, che ripeterono in diversi tempi.
Di fatti nel 1449 essendosi il Vescovo di Lucca, Stefano Trenta, lagnato perché il Commissario di Camporgiano avesse imposto alcune gravezze dello Stato anche agli abitanti di Piazza e Sala, il Marchese Leonello rispondeva al Vescovo non esser sua intenzione di voler «detraher niuna cosa delle ragioni del Vescovato; ma nanti che deliberassemo, volevamo prima intendere la verità, e saper quello si sia accostumato per il passato. Onde che avendovi suso buona e vera informazione… vi diciamo che al tutto intendiamo, e volemo riservarsi il dominio di Castelvecchio di Garfagnana, e poter di quello disporre come ne pare e piace, come di far compir la fortezza principiata, a far spianar quello è principiato, secondo ne piacerà. Gli huomini di Piazza e Sala lassiamo che liberamente possano andar a ragione dove alla V.R.P. sarà in piacere, come di suoi huomini, con lo che siamo obbligati alla cavalcata a richiesta del Commessario nostro là oltre, atteso che le cavalcate si facessero non manco saria tutta delli huomini vostri, come del resto della Vicaria…».
Dopo circa un secolo, cioè nel settembre del 1545, il Vescovo, Sforza Riario, tornò a lamentarsi pei medesimi gravamenti fatti a quelli di Piazza e Sala, e il Duca Ercole II ne scriveva in proposito il 16 ottobre al suo Commissario Generale della Provincia, Giovanni Aventi, ferrarese, esprimendosi nei seguenti termini “Vi diciamo che nostra mente è, che al detto Vescovo sia inviolabilmente osservato quanto si contiene nelle lettere delli Illus.mi nostri Signori Predecessori, perché volemo che li suoi siano ben trattati, ne volemo che li sia fatta innovazione alcuna contro quello ch\’è stato fin qui osservato, e perciò volemo che essendo di Sua Signoria la jurisdictione di questi due luoghi, che lassate la cura a lei di guardare la fiera e festa sua del Corpo di Cristo; e se da lui vi saranno ricercati li nostri fanti per tal guardia, in tal caso glieli manderete, facendoli far a lui le spese per quel tempo che vi staranno; ma altrimenti no… E perché sappiate come gravar quelli huomini di Piazza e Sala per conto di cavalcate, vi dicemo, che volemo che siano tenuti alli soldati della militia, che ora teniamo in Garfagnana, et altri soldati che ci bisognassero per difensione dello Stato nostro. E medesimamente alli alloggiamenti de’ soldati c’havessero d’alloggiare in cotesta Provincia, et nostri Agenti che venissero là per tal bisogno, et anche alle spese che si facessero, quando con la persona nostra ci occorre venire a quelle bande… Del resto poi non volemo che sia dato loro gravezza alcuna. Così osserverete. State sano».
Anche il Duca Francesco III nel 1769 ordinò che i paesi stessi dovessero somministrare una recluta per ciascheduno, idonea al servizio militare (6). Quei Sindaci furono allora chiamati dal Capitano di Ragione di Camporgiano, e fu loro comunicato il relativo decreto. Essi si mostrarono prontissimi ad ubbidire e dettero sollecitamente in nota al Governo diversi giovani atti al maneggio delle armi (7).
La chiesa parrocchiale di Piazza e Sala era delle più antiche della Garfagnana; ma essendo diroccata, ne venne costrutta una nuova in più amena località, in vicinanza di questa ultima villa, e vi fu trasportata una campana fusa nell\’anno 1271, in cui leggesi la seguente iscrizione: Magister Marchus fecit hoc tyntinnabulum.
In tempi assai remoti esisteva in quella parrocchiale una piccola Collegiata; ed i Rettori di Nicciano e di Borsigliana n’erano Canonici.
Nel 1200 la chiesa stessa era assai ricca, come lo mostrano diversi documenti stipulati dal suo arciprete Benassai con Valeriano Signore della Ròcca a Mozzano, con Alessandro da Cascio, coi Conti di Gragnana, e con molti altri Signori di quei tempi; i quali documenti esistevano, pochi anni or sono presso la famiglia del fu Sig. Pietro Ambrosini. Alcune lettere dei Duchi Estensi provano chiaramente i diritti del Vescovo pro tempore di Lucca su Piazza e Sala.
La prima è del Marchese Leonello d’Este del 20 luglio 1444; la seconda del Duca Borso de’ 26 giugno 1453; una terza fu scritta il 22 ottobre 1476 da Ercole I al suo Commissario della Garfagnana, il quale confermava quanto contenevasi nelle due precedenti. Il 7 settembre 1598 avvenne una convenzione fra il Duca Alfonso II, col mezzo del suo Consigliere Giulio Pazzani, e il Vescovo di Lucca Conte di Piazza e Sala, colla quale si stabiliva, che qualunque persona inquisita o condannata o bandita dagli Stati Estensi potesse essere arrestata in quei paesi.
Visto così il paese di Piazza, e contemplata la bellezza di Sala, ripasseremo il ponte viadotto, ritornando a Croce, e di là, volgendo a sinistra, ci recheremo a Livignano, e poscia a Borsigliana, Terre sulla sinistra del Serchio. Indi saremo costretti a ricalcare le nostre orme per metterci nuovamente sulla via Provinciale e condurci a vedere i paesi che giacciono sulla destra di detto fiume.
Note
(1) Nel giorno 2 marzo 1838 uno di questi smisurati macigni staccatosi da una delle guglie fiancheggianti il Serchio precipitò, arrestando il corso del fiume per modo che, regurgitando le acque, formarono un gran lago fino ai Molini di Cogna, sommergendo persino il ponte di legno che vi esisteva. A Castelnuovo non giungeva più acqua, e la sorpresa fu generale, ignorandosene la ragione. Il Governo spedì immediatamente il suo ingegnere per rintracciarla. La meraviglia durò per molte ore, finché superata l’altezza dello scoglio caduto, il Serchio riprese il suo corso.
(2) Rapporto al feudo di Castelvecchio e Castel d’Angione, esiste un documento del 1278 rogato nella Villa di Sala il giorno 31 luglio da Raimondo di Benedetto Notaro Imperiale.
(3) I Conti di Lavagna erano i Fieschi, discendenti da Fiesco fratello di Opizio da cui vennero gli Opezzinghi. Questi Fieschi Conti di Lavagna possedettero per molto tempo il Castello di Sala, insieme coi Gherardinghi e consorti, come risulta da un istrumento del 31 luglio 1278 rogato da Raimondo di Benedetto, in Sala presso la casa q. Bonvicini.
(4) Folle o Follo dicesi una macchina per battere o follare la canape, che spesso trovasi unita ai molini.
(5) Dall\’Albero genealogico di questi Conti risulta che Francesco di Dino fosse anche Conte di Ceserana.
Raffaelli – Piazza al Serchio
(6) Lettera de’ 14 aprile 1769.
(7) Lettera del Capitano di Ragione de’ 29 aprile 1769.