Chiese ed oratori

CHIESE ED ORATORII  (da R.Raffaelli)
S. PIETRO
Esisteva già nel 740, e fu da remotissimo tempo la parrocchiale di Castelnuovo. Fino al 1398 rimase sotto la dipendenza della chiesa di Pievefosciana, Matrice della Garfagnana soggetta al Vescovo di Lucca; mentre quella di Piazza al  Serchio era la Matrice dell’altra dipendente dalla Diocesi di Luni-Sarzana. Soltanto nel 1826 venne sottoposta alla nuova Diocesi di Massa-Carrara.
L’opera del tempo aveva ridotto la chiesa di S. Pietro in tristissime condizioni; per la qual cosa nel 1504 fu restaurata dai fondamenti, ornata di colonne, rifatta la facciata di pietra arenaria (4). Poco dopo venne costruito il campanile. Il Vescovo di Lucca Francesco Riario Sforza concedette facoltà di erigervi il fonte battesimale e di benedirlo il Sabato delle Pentecoste, non quello Santo, com’è l’uso comune, obbligando però il Comune a pagare ogni anno all’Episcopio nelle feste di Pasqua una libra di cera lavorata. Ne fu fatta la consacrazione il 1581, essendo Vescovo di Lucca Alessandro Guidiccioni il vecchio.
Da prima era governata da un Rettore, che nel 1398 ebbe il titolo di Vicario Foraneo, e dall’allora in poi cessò di essere soggetto al Pievano di Pievefosciana. In appresso fu nominato Arciprete; poi Abate Mitrato, con Bolla di Pio VI de’ 24 maggio 1791. Fino dal marzo del 1637 il Parlamento fece calde istanze al Duca perché in Castelnuovo fosse eretto un Vescovato, ma inutilmente. Nel 1833 il Comune insieme colla Fabbriceria Abbaziale chiesero il permesso di erigere la chiesa di S. Pietro in Collegiata, con dotarla in proprio. Nemmeno il nuovo disegno trovò favore, e il Duca l’8 maggio dichiarava «doversi rimettere la cosa a maggiore opportunità». Con tutto ciò se in Castelnuovo non si ha un Vescovo, si hanno però le funzioni episcopali.
Morto che fu Monsig. Abate D. Giacomo Simonetti di Fosciandora, il Consiglio Comunale temendo che la scelta del successore potesse cadere su persona non ben veduta dal popolo, ai 26 marzo del 1833 pregò il Principe a fare in modo che nella nuova elezione si prescindesse dalla formalità del concorso.
Dall’Abate Mitrato di S. Pietro dipendono le altre chiese ed oratori della città e due Cure di Torrite e Monterotondo. La chiesa di S. Pietro ha tre navate, con nove altari, fra’ quali è degno di essere notato quello di S. Giuseppe, abbellito da stupendi lavori di plastica di Luca della Robbia. Vi sono parecchie iscrizioni sepolcrali che rammentano alcuni dei Governatori della Provincia e altri personaggi morti in Castelnuovo (5).

CAPPELLA DEL SS. CROCIFISSO
Unita a San Pietro nella parte superiore, a sinistra di chi entra, trovasi una Cappella denominata del SS. Crocifisso, da un antico e grande simulacro che la città e l’intiera Provincia venera con specialissimo culto ed a cui si prostra fiduciosa nei bisogni e nelle pubbliche e private sventure. E’ decorata di bei marmi di Carrara e de’ nostri monti, con bassorilievi, fregi e disegni a colori. Vi sono pure vari monumenti assai belli a perpetuare la memoria di benemeriti cittadini.
SANTA CROCE
Piccola chiesa presso l’Ospedale degli infermi, che si governa dalla Congregazione di Carità, e niente contiene che meriti essere descritto, all’infuori di un quadro della Natività, posto nell’altare a mano destra presso la Sagrestia, che appartiene a buona scuola italiana e probabilmente al Procaccino. Ai piedi di esso altare riposa l’eremita Domenico Coli.
MADONNA DEL PONTE
Narra il Bertacchi che un certo Azzi, calzolaio di Castelnuovo, sorpreso da un suo nemico, fu steso al suolo a colpi di coltello e lasciato per morto. Costui volti gli occhi ad un’immagine che veneravasi sul ponte della Turrite, nel segreto del cuore fece voto di erigere un Oratorio alla Vergine, quando avesse campata la vita. Ottenuta la grazia, mantenne l’Azzi la promessa, ed unitosi ad un certo Biscioni, contro il quale era stato esploso un colpo d’archibugio senza che ne restasse ferito, quantunque la palla gli avesse sfiorata la faccia, si accinse a costruire la chiesa che oggi pure esiste presso il ponte in discorso. Restò compita nel 1602, e il 2 luglio vi fu celebrata per la prima volta la festa della Visitazione. Vi si eresse nel 1661 una Confraternita sotto lo stesso titolo, come risulta da’ suoi Capitoli approvati dal Cardinale Buonvisi Vescovo di Lucca l’8 ottobre di quell’anno; in cui ottenne pure il privilegio di essere aggregata alla Confraternita del Pianto di Roma. In questa chiesa si vede un bel quadro rappresentante S. Biagio, opera del nostro esimio pittore Giuseppe Pierotti. Vi furono fatti diversi restauri ed abbellimenti nel 1846. Benché scarsa d’entrate, è ricca d’arredi sacri, e per lo zelo e le solerti premure de’ suoi amministratori ha potuto effettuare, nel giro di pochi anni, tanti acquisti e tanti lavori da sgomentare al confronto le Opere più doviziose delle nostre chiese.
ORATORIO DEL SUFFRAGIO
Venne costruito nel 1659 dal Cav. Grazio Bertacchi, e vi si riunì anche una Confraternita. Nel 1770 essendo stati assegnati all’Ospedale tutti i beni di diverse chiese e Compagnie soppresse, il Comune, ai 17 di agosto, ottenutane licenza dal Dicastero del Buon Governo, stabilì di ridurre a Teatro questo Oratorio, dandolo in livello ai Soci ed ai loro discendenti di maschio in maschio, con l’onore di un annuo canone. Il Teatro fu costruito sul disegno del Capitano Ing. Filippo Del Medico di Carrara; tornò proprietà del Comune, dopo la costruzione del nuovo, nel 1860. Anche l’Oratorio del SS. Crocifisso si vendette, e dalla famiglia Satti venne ridotto ad uso di abitazione.
SANTA LUCIA
E’ un grazioso ed elegante Oratorio posto nel borgo omonimo, restaurato non ha guari a cura di una Confraternita che porta lo stesso nome, e che a proprie spese lo mantiene del bisognevole con politezza e decoro. Il giorno di Santa Lucia vi si fa ogni anno festa solenne, ove concorre gran numero di popolo. Tutte le Confraternite che erigevansi nelle diverse chiese non solo di Castelnuovo, ma dell’intiera Provincia erano obbligate di presentare i loro Capitoli al Governo e riportarne l’approvazione.
SANTA MARIA
Le grandi e folte boscaglie che coprivano i dossi ed i fianchi delle garfagnine montagne impedivano (come è chiaro) alle acque di precipitare istantaneamente torbide e vorticose dalle vette dei colli in seno dei fiumi, e produrre quelle spaventevoli piene, di cui ad ogni imperversare di piogge noi siamo, purtroppo, spettatori, come lo sono in altre parti d’Italia. Il perché non è meraviglia se dal lato settentrionale della nostra piccola città esisteva un bellissimo tratto di pianura ben coltivato, con una comoda strada (di cui restano ancora alcuni avanzi); che serviva di ameno e comodo passeggio e di comunicazione al Castello. Nel luogo, ove anche attualmente dicesi Santa Maria sotto la strada provinciale, sorgeva una chiesa portante lo stesso titolo, che molto probabilmente fu eretta dai fondamenti nel 773 da un tal Prete Gandualdo, il quale in seguito la offerse co’ suoi beni alla Episcopale di S. Martino di Lucca. Nel relativo istrumento dicesi: Chiesa di Santa Maria e di S. Benedetto a Castelnuovo nel Vico Campolo. Il Micotti vorrebbe che con questa appellazione si volesse indicare il paesetto di Campori, e che quindi si parlasse di una chiesa esistente in quella piccola terra. Ma se ciò fosse vero, non si leggerebbe nell’istrumento: in Castelnuovo; ove certamente esisteva la chiesa di Santa Maria, in mezzo ai campi, a traverso dei quali era la strada che vi conduceva, e non è difficile che a quell’epoca la località in discorso portasse il nome di Vico Campolo. Comunque sia la cosa, è positivo che la chiesa di Santa Maria esisteva ancora nel 1616, quando venne la prima forte escrescenza del Serchio, che devastò quelle belle campagne e pose in grave pericolo il Santuario, cui le acque si avvicinarono alla sola distanza di quattro braccia. In seguito nuove piene lo fecero diroccare; e verso il 1620 era ridotto un ammasso di rovine. La statua della Vergine, che vi si venerava, venne da prima trasportata nella chiesa del Crocifìsso, e, dopo la soppressione di questa, fu solennemente trasferita in S. Pietro, e collocata sul secondo altare della navata a mano destra di chi entra, ove oggi pure si conserva.
A servizio della chiesa di Santa Maria stette per lunghi anni l’eremita Domenico Coli di Montalfonso, il quale, dopo la distruzione della medesima, si trasferì all’Ospedale di Castelnuovo, tutto dedicandosi all’assistenza degli ammalati, ove in concetto di molta santità cessò di vivere il 24 aprile 1660. Intanto, informato il Duca Cesare d’Este dei gravissimi danni avvenuti dallo straripamento del Serchio, ordinò alla Comunità di provvedere a tanta rovina. Infatti essa fece praticare molti ripari, in cui spese 4500 scudi, ma senza pro, mentre in breve tempo furono tutti distrutti dalla furia delle acque. Vedendo allora che ogni spesa sarebbe inutilmente gettata, il Comune ricorse per essere esonerato; ed il Duca acconsentì, e fece scrivere analogamente al Governatore, Conte Ricci, dal suo Segretarlo Andrea Codebò; aggiungendo il seguente rescritto. « Cesare Duca di Modena. Illustrissimo Nostro carissimo. Ese-« guirete la continenza del Nostro Rescritto, annotato alla sup-« plicazione di codesta Comunità di Castelnuovo, che qui an-« nessa vi rimettiamo. E Dio vi contenti. Di Modena, a dì 30 « dicembre 1620. Cesare.
S. ANTONIO
Anche nel borgo di S. Antonio esisteva un’antica chiesa dedicata a questo Santo, la quale, insieme con gli Oratori del Suffragio e del Crocifisso, venne soppressa nel 1770. Il Comune, ai 7 luglio di quell’anno, deliberò di trasformarla ad uso di quartiere pei soldati, secondo il progetto redattone dal Del Medico, la qual cosa non ebbe poi effetto. Come apparisce da una iscrizione, che tuttavia vi si legge, il Conte Cammillo Poggi Governatore della Garfagnana molto si adoperò perché venisse ridonata al culto; e lo fu di fatti nel 1791, nel qual anno venne ribenedetta da Monsignor Filippo Sardi Arcivescovo di Lucca. Niente in essa troviamo che meriti di essere ricordato; dobbiamo però augurarle che una mano benefica e generosa venga in suo soccorso e la riduca in uno stato più conveniente e decoroso.
CONVENTO DE’ CAPPUCCINI
Prima di parlare di questo convento, stimo far cosa grata ai lettori della Garfagnana, dando un breve cenno intorno ad Alfonso III d’Este, che ne fu il fondatore. Nato ai 21 ottobre del 1591, tenne vita libera e licenziosa nella giovinezza; e nel 1621 corse rischio d’essere ucciso, e dovette la propria salvezza al prete Ciuffardi di Magliano, al quale per riconoscenza assegnò la parrocchia di Molazzana. Isabella di Savoia, sua moglie, sul letto di morte lo scongiurò con tale vivezza d’affetto a mutare costumi, che n’ebbe tocco il cuore.
Prese a vagheggiare il disegno d’abbandonare il mondo e ritirarsi in un chiostro; e dopo avere per più anni rivolto nell’animo questo pensiero, il 24 ottobre del 1628, chiamato a sé il P. Felice da Piacenza, Provinciale de’ Cappuccini di Bologna, chiese di essere ammesso in quell’Ordine, in cui venne ricevuto come chierico. Fece allora il suo testamento, abdicò la corona a favore del figlio Francesco, e prese gli abiti di Cappuccino col nome di fr. Giovambattista. Il 25 marzo del 1630 celebrò la sua prima messa.
Il 20 ottobre del 1634 fermò il divisamento di fondare un convento a Castelnuovo, e vi spedì il P. Da Sestola per scegliere il luogo. Costui preferì il colle di S. Niccolao, sulla sinistra del Serchio, che allora chiamavasi Monte Calvario. Il 22 luglio del 1635 venne benedetta la prima pietra nella chiesa di S. Pietro dal Rettore Lodovico Grilli, e di là trasportata processionalmente con grandissimo concorso di popolo. Il Governatore stesso, Conte Mosti, la collocò nelle fondamenta. Il 1638 vi fu celebrata la prima messa.
Appena la fabbrica ebbe il suo compimento (il che seguì nel 1643) il P. Giovambattista, senza porre tempo in mezzo, vi si condusse; e nell’atto di porvi il piede esclamò: Haec requies mea in saeculorum saecoli: quasi presagisse che vi avrebbe finito i suoi giorni. Infatti di lì a poco, il 17 maggio del 1644, cadde infermo: chiamato il figlio Filiberto, lasciò ad esso molti ricordi; e il 24 di quel mese stesso rendette l’anima a Dio, in età di anni 53, quindici de’ quali passati fra i Cappuccini. Le ossa del P. Giovambattista d’Este si trovavano tuttavia insepolte in esso convento l’anno 1838; ed il Governatore Montecuccoli fece allogare in un conveniente deposito, disegnato dall’Ing. Luigi Bonini, la cassa coperta, da un lacero tappeto nero, che le conteneva.
A questo cenobio, assai vasto, circondato da campi, da orti e da un bosco, dava accesso una strada ardua e faticosa. Non mancarono que’ Religiosi di provvedere a questo sconcio; e nel 1856, ottenuto in dono dalla generosità del Conte Giovanni Carli il terreno necessario, coll’elargizioni di molti cittadini, non solo di Castelnuovo, ma della intiera Provincia, costruirono la nuova strada rotabile, che, staccandosi ad angolo acuto dalla Nazionale alla Crocetta, mette capo al portone del convento, percorrendo un tratto di metri 337,70.
Soppresso insieme colle altre Corporazioni religiose al tempo de’ Napoleonidi, tornò in possesso della famiglia Bertacchi, la quale erasi riservato questo diritto, quando, nel 1635, cedeva agli Estensi il terreno per costruirlo. Il Cav. Giuseppe Bertacchi però, con quella generosità d’animo che tanto lo distingueva, lo restituì ai Cappuccini, che di nuovo presero ad abitarlo, tornata che fu la Garfagnana sotto la Signoria degli Estensi. Soppressi per la seconda volta gli Ordini Religiosi nel 1866, Pompeo Bertacchi, figlio del suddetto, riprese dal Demanio il monastero, e lo pose in vendita ad un prezzo eccessivo. La benemerita famiglia de’ Cappuccini dovette per conseguenza abbandonarlo, e nel luglio del 1877, con immenso danno e con dolore universale della Garfagnana, lasciò questi paesi.

ANTICO MONASTERO DI S. BERNARDINO
Nell’anno 1454 per cura di Andrea di Antonio Lunardo Porta (6) venne fondato in Castelnuovo un Monastero delle Suore Minori Osservanti di S. Francesco, sotto il titolo di S. Bernardino. In esso è molto probabile (secondo le cronache di quei tempi) che si trasferissero le monache già conviventi nell’antico convento edificato dai Conti di Bacciano presso Sambuca, il quale fu rovinato quando un forte cateclisma distrusse tutto il castello, assai importante a que’ giorni (7), e di cui non resta in oggi che il nome al sito dove sorgeva ed a poche case sparse qua e là per quei dintorni.
Il locale che serve attualmente al Seminario, con parte del fabbricato ove sono gli Uffizi di Finanza, formava il suddetto Monastero di S. Bernardino; e dove adesso è il portone d’ingresso della città era il refettorio delle monache, e sopra innalzavasi la torre con le campane, che fu demolita dall’Ingegnere Domenico Ferrari. Dal punto in cui cessava il convento la fabbrica venne ampliata mediante l’acquisto di certe casette Cantelli, Giovannetti e Lunardi, in fine delle quali era un arco, costruito fino da quando furono aperte le mura castellane, per dare accesso al Ponte di Santa Lucia; ma venne poi demolito nell’anno 1826. Sul medesimo erano collocate le armi di Castruccio e dei Pisani, le quali giacciono ora neglette in un fondo del Palazzo Comunale.
Quelle casette con parte dell’antico monastero nel 1824 furono ridotte ad uso di Quartieri militari e di Magazzini di Finanza, colla spesa di L. 12,806, sotto la direzione dell’Ing. Luigi Bonini (8).