ACCADEMIA DEGLI ALPESTRI (da R.Raffaelli)
Ebbe essa origine in Castelnuovo il 1629, e gli Accademici presero il nome di Alpestri. Il Principe Francesco, figlio del Duca Alfonso III, richiesto da essi a voler loro accordare la sua protezione, rispose con questa lettera, scritta il 9 giugno di quel medesimo anno. «Indizio di animo virtuoso è la nuova Accademia, che havete introdotto costì; e segnale di volontà amorevole è il desiderio di aprirla sotto la mia protezione. Io non solamente vi dò l’assenso di effettuare il pensiero, ma vi ringrazio dell\’applicazione; e siccome coopererò con tutto lo spirito alla conservazione di così lodevole radunanza, così m’impiegherò sempre di buona voglia in tutte le occasioni di vostro privato benefizio, perché gli effetti della mia gratitudine sian testimoni del vostro merito. E Dio Signore vi prosperi e guardi». La lettera presente fu accompagnata da un’altra del Cav. Fulvio Testi, allora Segretario del detto Principe, al Conte Giovanbattista Ronchi Governatore della Garfagnana. «Anche quest’onore della nuova Accademia (così scriveva) dee riconoscere da V. S. Illustrissima la Garfagnana. Eran codeste Alpi gravide di tesori (parlo degli ingegni eminenti che la Provincia produce), ma rimanevano seppelliti, se la prudenza sua non veniva a dissotterarli. Ma fuori di metafora. Io veggo che codesta nobile radunanza è frutto del suo giudiziosissimo consiglio, e me ne rallegro colla sicurezza di vederne quanto prima effetti meravigliosi. Bisogna confessare il vero: i Garfagnini hanno una straordinaria abilità in tutte le arti virtuose, e gl’intelletti loro sono elevati, spiritosi, capaci d’ogni migliore disciplina. Ora che alla loro naturale idoneità si aggiunge l’esercizio, che non deve sperarsene?… Piacemi il nome d’Alpestri, perché scherza col genio del luogo; e lo ricevo per augurio felice, e fausta osservazione. Parnaso che è la stanza d’Apolline e delle Muse è un colle ben discosceso, e le glorie di Roma cominciarono a fiorire tra l’asprezza de’ monti, e la sterilità de’ boschi.
Io applaudo a così bel principio, e desidero che tra le Deità più familiari cotesti Accademici sacrifichino particolarmente alla perseveranza. Con quanta prontezza e con qual gusto il Serenissimo Principe, mio Signore, abbia ricevuta in protezione l’Accademia, V. S. Illustrissima potrà conoscerlo dalle qui unite lettere. Poco mi sono affaticato per persuadere S. A. ne’ voglio che cotesti Signori me ne sentano obbligo alcuno degli uffici fatti, perché parrebbemi di pregiudicare al loro merito, e d’offendere la benignità del Padrone». Il Tiraboschi ne tratta nella sua Biblioteca Modenese (Tom. I. pag. 40-41) e dice: «Quest’Accademia si è poi venuta mantenendo felicemente, e fiorisce tuttora, come ne fanno prova le poesie di molti di questi Accademici sparse in diverse Raccolte». Adesso disgraziatamente più non esiste; ne dura però la memoria.
ACCADEMIA FILARMONICA
Anche la musica si coltivava molto tra noi, s’incoraggiava per modo che, sotto gli Estensi, la Banda cittadina di Castelnuovo godeva parecchi privilegi, tra gli altri quello del porto d’arme e della licenza di caccia, senza pagamento di sorta. Vestiva un’elegante divisa; prestava servizio di Guardia del Corpo nell’anticamera del Duca, quando recavasi in Garfagnana, e lo scortava a cavallo. Vi era pure un’Accademia Filarmonica, e gli Statuti di essa vennero riformati con Decreto gorvernativo de’ 15 agosto 1843. Era sussidiata annualmente dal Municipio, ed impiegava siffatto assegno principalmente nel provvedersi di musica. Adesso non vi è che una Banda strumentale, diretta da un abile maestro, stipendiato dal Comune ma più non gode alcuno de’ vecchi privilegi, che tutti le vennero tolti nel 1859.
TEATRO NUOVO
Nessun altro degli edifizi di Castelnuovo mi pare degno di essere descritto, ove se ne tolga il nuovo Teatro, posto in fondo al borgo di Santa Lucia, che con cavalleresca generosità venne costruito ed aperto al pubblico nel 1860 dai fratelli Luigi e Giovanni conti Carli, e dal Cav. Antonio Vittoni, i quali ne sono per conseguenza i proprietari. Quanti lo veggono ne ammirano la bellezza, l’armonia delle parti, la bene intesa parsimonia e distribuzione degli ori, degli ornati, de’ fregi, che danno tale un’aria di sveltezza, di eleganza e di grazia all’insieme dei lavori, da emulare e da vincere eziandio, specialmente nell’interno, molti altri teatri delle città italiane. Ne fece il disegno il conte Giovanni Carli, che vegliò del continuo all’esecuzione; la pittura è opera dell’altro nostro concittadino Dott. David Franchi. Entrambi questi uomini egregi amavano di gagliardo amore il paese, al quale erano di onore colle opere loro e di vantaggio colle costanti premure per il pubblico gratuito insegnamento del disegno, dell’architettura, della pittura e della meccanica. Disgraziatamente vennero da morte immatura rapiti alla stima e all’amore di quanti li conobbero. Gli altri artisti che lavorarono a questo Teatro, tranne gli scenografi, furono garfagnini; fatto che ricordo con dolce compiacenza.