Città di Castelnuovo

CITTA’ DI CASTELNUOVO (da R.Raffelli)
In antico era un castello assai piccolo. Alcuni vogliono fosse costruito sul colle di S. Niccolao, così chiamato da una chiesa dedicata a quel Santo, la quale esisteva anche in tempo non molto remoto sulla sinistra del Serchio; e lo argomentano dai ruderi di vetusti fabbricati che tuttavia vi si veggono. Il Bertacchi pretende invece che la torre ettagona, con altri muri all’intorno, di cui scorgonsi gli avanzi sul poggio, siano opera romana; e crede (non so peraltro con qual fondamento) che queste opere di fortificazione venissero erette da Silla, quando durante la guerra civile con Mario, dovette ritirarsi attraverso le nostre montagne. Altri lo ritengono opera della Contessa Matilde; ma contro il vero, giacché di Castelnuovo e della sua chiesa parrocchiale di S. Pietro è fatta menzione in più strumenti del secolo VIII, che si conservano nell’Archivio Arcivescovile di Lucca.This image has an empty alt attribute; its file name is mercatobestiamecastepoca.jpg
Il colle di S. Niccolao avanti il mille si chiamava Nerbone ed anche Castel del Leone. Raccontano i cronisti che venne messo alle fiamme dai Genovesi nel 959, e rifabbricato col nome di Castel Leone di Sotto. Più tardi il tratto di paese a greco del castello venne chiamato Cellabaroti, come apparisce da una Bolla di Papa Alessandro III del 1168, diretta al Pievano di Pievefosciana, nella quale si parla della chiesa de’ SS. Nicolao e Giusto di Cellabaroti, che poi nel 1446 venne separata da quella di S. Pietro di Castelnuovo. Il 16 settembre del 1454 fu ordinato agli Operai di S. Pietro di restituire le terre tolte al Romitorio di S. Niccolao di Cellabaroti; e il 29 ottobre del 1468 il Rettore dell’Ospedale di esso Romitorio deputava in Vicario di quel luogo il Rettore di S. Pietro. Sorgeva nella pendice a levante della città, dove adesso si trova il borgo di Santa Lucia. Ebbe Signori suoi propri, che vengono nominati nel diploma di Federigo I a favore de’ Garfagnini del 5 marzo 1185. Tra quelli che nel 1228 giurarono fedeltà e obbedienza a Papa Gregorio IX si trovano Ugolino e Guido di Cellabaroti. Erano del ceppo de’ Rolandinghi; ed infatti, in uno strumento d’investitura della Pieve di Loppia dell’anno 1213, in cui si fa menzione di questa consorteria, trovansi nominati i figli di Ugolino e Guglielmo di Cellabaroti, che portavano il nome stesso de’ propri genitori, non che un Tommasino, un altro Guglielmo ed un Orlando, nati di Ugolino il giovane.
Rimpetto a Cellabaroti, racchiusa fra l’angolo che formano il Serchio e la Turrite, sorgeva assai angusta nel suo nascere la terra di Castelnuovo, fabbricata sopra un piccolo piano; fiancheggiata e sorretta da ogni parte dagli scogli che s’innalzano dall’alveo dei due fiumi. Chiunque ha pratica de’ luoghi, potrà anche oggi formarsi un’idea precisa del perimetro del vecchio Castelnuovo, se ponga mente agli avanzi delle antiche mura, che staccandosi al confluente delle due acque, in forma di ellisse girano a tramontana fino a congiungersi colla Rocca, basata nelle roccie della Turrite, che si estendono fino a S. Pietro. Questa chiesa esisteva nel 740, come risulta da un documento dell\’Archivio Arcivescovile di Lucca, ricco d’altre carte che la risguardano.

Scarso fu da prima il numero degli abitanti di Castelnuovo, specialmente al tempo in cui venne signoreggiato da’ Conti della Verrucola Gherardenga. Crebbe però a mano a mano, e nel 1406 quasi gareggiava con Castiglione, della quel Vicaria faceva parte. Nello Statuto Lucchese del 1308 fu stabilito che ciascuna terra, castello o villaggio, dipendente dalla Repubblica, dovesse offrire la vigilia di Santa Croce (13 settembre) un cero di maggiore o minor peso a seconda della maggiore o minore importanza de’ singoli paesi. A Castelnuovo era assegnato un cero di libre 19, peso inferiore solamente a quello che doveva dare Castiglione, e superiore a quelli delle altre terre tutte della Garfagnana. Ciò mostra che era già divenuto luogo di qualche credito e ritenuto il secondo castello della Provincia. S’ingrandì maggiormente dopo che Castruccio degli Antelminelli si fu impadronito della Garfagnana, e che nel 1324 fece costruire il ponte, oggi detto di Santa Lucia, per unirvi la terra di Cellabaroti, con l’intendimento di aprire un varco che lo congiungesse colla strada di Pievefosciana e di S. Pellegrino, detta della Selva Nera, alla quale tornava impossibile l’accesso ai castelnovesi, quando il fiume non era transitabile con barchette o con piccoli ponticelli di legno. Proseguì poi ad accrescersi dopo che Borso d’Este verso il 1453 ebbe fatto costruire l’altro ponte sulla Turrite, detto della Madonna, e con tal mezzo venne ad unirsi a Castelnuovo anche quella parte dell’abitato che esisteva sulla destra di esso fiume. Più tardi fu fabbricata la Piazza, che venne aggiunta al resto della città mediante il Portone, aperto nel 1675 fra la Rocca e le mure castellane, e per tal modo si unì al rimanente dell’abitato l’antico borgo di S. Antonio e la parte detta del Crocifisso.
Nel centro della nuova Piazza, ben presto contornata di belle case, venne posta nel 1615 una fontana di macigno, che gettava acqua abbondantissima da quattro tubi, posti ad angolo retto sulla sommità di una colonna, assai ben lavorata, sporgente nel mezzo di una grande vasca, munita all’intorno di una ringhiera di ferro. Il Comune, per rendere meglio spazioso quel sito e più comodo al commercio, la toglieva nel 1873, con fabbricarne però una nuova, assai più piccola, sotto la Rocca, all’imboccatura della Via Vittorio Emanuele, chiamata volgarmente degli Orti; dove, per dirla col mio compagno ed amico Giuseppe Giusti, stava proprio a pigione. Dopo qualche tempo essa pure disparve, e ora la fonte sorge presso le mura meridionali della Rocca. Una sola però non basta al bisogno e al comodo della popolazione, che spera e desidera non lontano un provvedimento.

Nel 1751 per cura del Comune venne fatto un lavoro bello e utile insieme; una strada quasi orizzontale per accedere dalla Piazza al Ponte della Madonna. L’Ing. Domenico Vandelli, che ne fu l’autore, con un viadotto di sei archi tolse via la tortissima contropendenza della strada della Barchetta, rendendo per tal modo molto comodo l’accesso tra la Piazza e il borgo della Madonna; ma, come non di rado avviene, l’interesse privato anche questa volta andò innanzi al vantaggio pubblico. Infatti parecchi proprietari, danneggiati dall\’altezza della nuova strada, che seppelliva, come essi dicevano, le loro botteghe ed i loro fondi, ricorsero a Modena al Magistrato del Buon Governo; il quale, in modo arbitrario e al tutto degno de\’ visigoti, decretò la distruzione della più bella e comoda via che allora avesse il paese e gli regalò nuovamente lo scomodo e pericoloso saliscendi che mette al borgo suddetto. Compiuta per cura del Magistrato di Guerra, e colla direzione del Vandelli, la strada che mena a Modena, furono erette le due porte o meglio archi di Santa Lucia e del Crocifisso, che segnarono i confini della città (1). Per quanto anche a quel tempo potesse entrarsi in paese da ogni parte, come se non esistessero affatto le nuove porte, pure piacque al Comune di munirle di forti imposte da potersi serrare; ed il legname per questo effetto fu preso nel bosco de’ Cappuccini, dandone loro di lì a poco altrettanto per il tetto della chiesa. La porta del Crocifisso venne demolita nel 1875 per unire al resto della contrada diverse case esistenti al disopra.
Dopo che la Garfagnana passò sotto il dominio degli Estensi, Castelnuovo fu sempre residenza dei Commissari e Governatori Ducali, che abitarono la Rocca; presso la quale era l’alloggio del Capitano di Ragione che giudicava le cause della Vicaria e delle terre nuove. Vi era eziandio un Colonnello comandante il Reggimento provinciale, formato di 2000 soldati, che somministravansi dalle Comunità in proporzione dei respettivi fuochi; un Fattore Ducale che teneva l’amministrazione dei beni dello Stato; un Avvocato o Procuratore del Fisco; un Commissario dei confini, che aveva l’obbligo di verificare ogni anno i termini giurisdizionali della Provincia; e finalmente un Bargello ed otto Sbirri, stipendiati dalla Provincia stessa. Dopo il 1831 vi stanziò sempre una Compagnia di milizia regolare; un’altra dopo il 1833 di Cacciatori Volontari; ed una Luogotenenza di Dragoni per il servizio della Polizia.

In oggi vi è una Sottoprefettura, un Tribunale di Circondario, la Pretura, un Ricevitore del Registro, un Conservatore delle Ipoteche, l’Agenzia delle Tasse, una Luogotenenza de’ Carabinieri, ed un Magazzino di Sale e Tabacchi. Ha pure un Uffizio Telegrafico con una linea verso Toscana, essendo stata tolta l’altra che durante la Signoria Estense metteva capo a Modena; Archivio Notarile; ed una Biblioteca Pubblica, fondata da molti anni, e mantenuta dai Comuni del Circondario, per uso specialmente della scolaresca, che fu già numerosissima. Al Mandamento di Castelnuovo, che ha una popolazione di 15.418 abitanti, sono uniti i Comuni di Castiglione, di Villacollemandina, di Pievefosciana, e di Fosciandora.

Fino dal 1600 all’estremità del Borgo della Madonna, adesso chiamata volgarmente ai Rotoni, esisteva un opificio per fabbricare moschetti, spingarde ed altri arnesi guerreschi, animato dalla forza motrice dell’acqua della Turrite. Più innanzi, verso Carbonaia, vi era una fabbrica di polvere pirica, essa pure di proprietà Ducale. Queste industrie però sono cessate da molto tempo, ne’ altre ne vennero sostituite, quantunque l’abbondanza delle nostre acque offra il modo di attivare fabbriche d’ogni maniera con immenso vantaggio del paese, che colla intelligenza e operosità de’ suoi abitanti potrebbe divenire manifatturiero e industriosissimo. Nel secolo XVII, per testimonianza del Bertacchi, aveva molti artisti, e commercianti di pannine, d’olio e d’ogni grascia. « Vi erano (sono sue « parole) dodici calzolai, ferrai, mugnai, archibugieri, venti « pizzicagnoli, tre pastai, otto mercanti d\’olio, sei sarti, otto « osti, tre macellai, trenta panattieri, tre farmacie, una dro-« gheria, due concie di pelli, tintori, orologiai, argentieri». In oggi merita una speciale menzone l’industria de’ cappelli, di cui esistono molte fabbriche. Quella di Angelo Azzi ottenne una speciale menzione onorevole all’Esposizione universale di Parigi del 1867.

Ogni anno al cominciare del settembre si tiene a Castelnuovo una Fiera, che dura otto giorni e richiama molti forastieri, per comprare e vendere mercanzie di ogni specie. In antico si teneva per lo spazio di tre giorni un’altra Fiera anche dopo l’Ottava di Pasqua, la quale da molto tempo è andata in disuso. Venne riattivata nel corrente anno 1878 sui primi di giugno, ma con poco successo. Vi fu peraltro una Mostra di bestiame bovino a premi, promossa dal nostro Comizio Agrario, feconda di grande utilità.

La città di Castelnuovo trovasi nel grado 20° 4 di longitudine e 44,6.” 6.” di latitudine, e la sua altezza sopra il livello del mare è di metri 284,64, misurata alla base del campanile di S. Pietro. E’ chiusa da valli e da monti, che ne rendono assai ristretto l’orizzonte ed umida l’aria. Bene a ragione l\’Ariosto scriveva:
Questa è una falda, ov’ abito, profonda,
Donde non muovo i pie senza salire
Del nevoso Appennin la fiera sponda
.
Di fatti, prima che fosse aperta la nuova strada lungo il Serchio, da qualunque parte volesse accedersi a Castelnuovo, era mestieri discendere. Pure non è spiacevole soggiorno, avuto riguardo specialmente ai belli, ridenti e pittoreschi poggi, che gli fanno corona. Al presente la nostra piccola città contiene 253 case insieme riunite, con 442 famiglie e 2040 abitanti. Ha poi nelle vicine campagne altri 291 fabbricati, con 128 famiglie e 858 abitanti; per cui la parrocchia conta 2898 anime. Le resta a levante il colle di S. Niccolao, a ponente è coperta da quello di Montalfonso, a mezzogiorno dalle selve di Monteperpoli; e solo a settentrione, lungo il corso del Serchio, ha una vasta, spaziosa ed aperta vallata, che si estende fino alle falde dell’Appennino. Molti paesi e castelli sorgono nelle sue vicinanze, che servono di amene villeggiature ai cittadini, spesso coperti da nebbie e privi di ogni bella prospettiva.
Parecchi illustri personaggi trovarono ospitalità cordiale tra le mura di Castelnuovo. Vi passò nel 1368 l’Imperatore Carlo IV, che dalla Lombardia moveva alla volta di Lucca; vi fu nel 1529 quel divino ingegno di Michelangelo Buonarroti, che da Venezia recavasi a Firenze a sostenere la libertà pericolante della sua patria. Nel dicembre del 1573 vi giunse per la via di S. Pellegrino Bianca Cappello (2) col suo sposo Bonaventuri, e vennero entrambi ospitati da Simone Bertacchi, a cui per lettera gli aveva raccomandati Gio. Battista Pigna Segretario di Alfonso II Duca di Ferrara. Vi transitò nel 1719, recandosi da Roma a Genova, il gentile poeta Carlo Innocenzo Frugoni, ed essendogli stato tolto il cappello di notte tempo, ricorse al Governatore della Provincia, Conte Gabriele Pegolotti, col seguente sonetto:
Saggio, eccelso Signor, de\’ rei flagello
E degli uomini onesti protettore,
Ministro pien di mente e di cervello,
Pieno d\’integrità, pieno d\’onore.
Quasi due della notte eran le ore
Che io la maestra via correo bel bello,
Quando mi fu da un ladro traditore,
Con improvvisa man, tolto il cappello.
Piegò il grifagno augel ver la piazzetta,
Cui la casa del Cervi ha fronte e meta;
Ne posso dir com\’ei fuggisse in fretta.
Contro insidia sì audace e si indiscreta
Al vostro Tribunale grida vendetta
A testa nuda un povero poeta.

NOTE
(1) Sulla prima di esse venne posta la seguente iscrizione, che il tempo, e specialmente il gelo, hanno reso affatto inintelligibile: PROVVIDENTIAE . FORTISSIMI . ET . GLORIOSISSIMI . PRINCIPiS | FRANCISCI . Ili . MUTINAE . DUCIS . XII [ PUBLICAE . FELICITA-TIS . AMANTISSIMI ] QUOD . TERRA. MARIQUE . PACATIS . EGREGIUM . ADMIRANDUM [ OPUS. VETERUM . AUGUSTORUM . MAGNIFICENTIAE | AEQUANDUM . SAPIENTER . FELICITER . BREVI . CONFECERIT ] NEM-PE . VIAS . NOVAS | MUTINAE. AD LITUS . TUSCI . MARIS . OCTOGINTA . CIRCA . MILIARIA | SUMMO . LABORE . ET . IMPENSA [ SUBACTIS . MONTIUM . IMPEDIMENTIS . FERRO . ET . IGNE . DURISSIMIS | UTRI-QUE . APPENNINI . REPIBUS | ET . MARMOREIS . LUNAE . MONTIUM . IUGIS . DIRUPTIS . AC . LATERIBUS I EXCISIS . PRODUCTAS . COMPLA-NATAS | SILICIBUS . STRATUM. LATUM . ITA . UT . OBVII . CURRUS . HABERE | INCIPIANTUR . QUOD . FONTES . PORTAS . MUROS ) PONTES . ET . HOSPITIA . VIATORUM . COMMODO . EXCITAVERINT [ AEDILIBUS . VIARUMQUE . CURATORIBUS | COMITE . ALEXANDRO . SABATINI . MARCHIONE . ALPHONSO . FONTANELLI | PREFECTO . GENERALI . ET . ARCHITECTO . DOMINICO . VANDELLI.
(2) Per chi non conoscesse la storia di questa disgraziata giovane, di straordinaria bellezza, accenneremo che essa nacque da nobile famiglia veneziana, ed ebbe la sventura di perdere a otto anni la madre, e di restar quindi alla mercé di un\’antica fantesca, per nome Cattina, che non seppe educare ne la mente, ne il cuore di lei. Invaghitasi di Pietro Bonaventuri, fiorentino, impiegato al banco Salviati in Venezia, che aveva conosciuto in casa della propria zia Gritti, e supponendolo di suo pari, sperò che il padre non le avrebbe negato il permesso di sposarlo. Invece la sua matrigna insisteva presso il marito perché collocasse Bianca in uno de’ più ricchi Monasteri della città, ed il Patriarca Grimani, suo zio, faceva impegni perché essa sposasse il vecchio Zanetto Zorzi. Per sottrarsi a questi estremi, Bianca non vide altro mezzo che quello di una pronta fuga.
Partirono quindi di notte tempo i due amanti, dirigendosi a Ferrara, ove trovarono un valido appoggio nella protezione di Gio. Battista Pigna Segretario di Alfonso II. Egli si adoperò da prima perché fossero legalmente congiunti in matrimonio, e quindi, sotto buona scorta militare, comandata da un Capitano, li mandò a Modena, evitando la via diretta per la Toscana, a fine di eludere le ricerche della Repubblica, avendosi notizia che il Consiglio dei Dieci aveva pubblicato un bando con grossa taglia coltro il Bonaventuri. Da Modena, dopo tre giorni di faticoso cammino con acutissimo freddo, per la molta neve caduta verso Barigazzo, che non permetteva star lungamente a cavallo, furono all\’Eremo di S. Pellegrino, custodito allora da certo Pierone da Frassinoro, vedovo da più anni e senza figli, ma con due giovinetti ed una fanciulla suoi nepoti. Egli da prima non voleva ricevere gli sconosciuti; ma, saputo da chi erano spediti, fu largo con essi di cortesie. I soldati, tranne il Capitano ed un fante, refocillati che furono, retrocedettero per Pievepelago, e gli sposi novelli pernottarono dal buon Romito, che colla storia delle sue giovanili avventure ricreò alquanto l’animo dell’abbattuta veneziana.
La mattina dopo mossero alla volta di Castelnuovo, guidati dall’affettuoso Pierone; ma Bianca non poteva resistere all’incomodo della cavalcatura nella continua discesa, per cui accortosene Pierone, allontanatosi per un momento dalla comitiva, tornò con quattro robustissimi montanari con una rozza seggiola, sulla quale fatta adagiare la Signora la trasportarono fino a Campori. Quivi s’incontrarono col famoso vecchio ottuagenario capo brigante Filippo Pacchione, quel medesimo che nel dì 20 febbraio 1522 fu così cortese con Messer Lodovico Ariosto, quando venendo la prima volta in Garfagnana s’imbattè nella sua banda nei boschi di Rodea. Pacchione, veduta la giovane sposa, le disse: « Madonna; ben conviene che importanti affari vi abbiano consigliata ad un viaggio che pochissimi si attentano in questa stagione di fare, e potete chiamarvi fortunata di non esser caduta nelle mani degli assassini che infestano questa strada. Voi non avreste trovata in costoro quella generosità che nei migliori tempi dell\’età mia usavasi verso gli innocenti viaggiatori. Fieri, inesorabili verso i nemici, i capi parte non permettevano ai loro valorosi di far torto a chi non portava armi offenderli ».
Alle prime case di Santa Lucia presso Castelnuovo furono incontrati da una comitiva di gentiluomini, che li accompagnarono in casa di Simon Bertacchi, il quale precedentemente informato con apposito espresso, avea tutto disposto per riceverli in modo conveniente, invitando a lauta mensa, per meglio onorarli, il Governatore della Provincia e diversi fra i primari Signori e Dame del paese. Era quello l\’ottavo giorno da che i novelli sposi si erano sottratti da Venezia. Il dimane, accompagnati fino sulla vetta di Monteperpoli dal Bertacchi e da altri dei convitali, giunsero a Gallicano, quindi al Borgo a Mozzano; e di là si diressero verso Pescia. Fattasi notte, s\’imbatterono in una mano di banditi. Ma fino sulla vetta di Monteperpoli dal Bertacchi e da altri dei convitati, tori, ma furon loro di molto aiuto e di guida fino a Collodi.
Il giorno seguente, dopo lungo e pericoloso viaggio giunsero a Prato. Allora soltanto Bianca si accorse di avere a sposo, non uno della nobile casa Salviati, come le avea fatto credere l’amante; ma un giovane di assai modesta famiglia. Quello che in seguito avvenne alla bellissima patrizia veneziana ne’ suoi adulteri amori con Francesco de’ Medici, che fu poi Granduca; per qual modo diventasse, dopo la morte di Giovanna d’Austria, sposa di lui, come in fine terminasse i suoi giorni codesta astuta ed ambiziosa donna, non è dell’opera nostra il rammentare.

Da “Descrizione geografica storica economica della Garfagnana” di Raffaello Raffaelli, Lucca 1879